Da alcuni anni l’approccio riabilitativo alla persona disabile risulta sempre più orientato nella direzione di una presa in carico complessiva che considera e restituisce importanza a tutti i membri della famiglia con cui il disabile vive. All’interno di questa visione sistemica, tutti i componenti della famiglia diventano co-protagonisti di scelte e decisioni che riguardano la persona disabile e che hanno ricadute su tutti i membri. L’approccio teorico è quello di stampo anglosassone definito Family Centered Care che prevede la presa in carico di tutti i membri della famiglia del disabile finalizzata al bilanciamento tra le difficoltà emergenti e le risorse disponibili. All’interno di questa visione sistemica, i Family Centered Service devono innanzitutto riconoscere l’unicità di ogni famiglia che è e rimane una costante nella vita del bambino, disabile e non.
Una caratteristica saliente del legame di fratria è l’ambivalenza per cui è possibile reciprocità ma anche simmetria, condivisione e complementarietà, alleanza e rivalità, invidia e amore.
Essere fratello di una persona con disabilità (sibling), nello specifico, è un’esperienza determinante la cui particolarità è costituita dal fatto che ci si dovrà sempre confrontare con la presenza del fratello disabile e con dei genitori che si trovano a gestire un trauma.
Nella relazione tra un sibling e il fratello disabile, alcuni elementi tipici della relazione fraterna vengono condizionati, per cui la reciprocità e l’ordine di genitura posso essere squilibrati e invertiti.
È quindi importante considerare la condizione dei sibling sulla base delle diverse fasi di sviluppo psico-emotivo.
Già a partire dalla diagnosi, si assiste a quello che la letteratura definisce un potenziale trauma in divenire che si differenzia dal trauma dei genitori o del figlio disabile in quanto segue lo sviluppo evolutivo della persona ed è molto influenzato dal contesto.
Molto varie possono essere le manifestazioni sintomatiche di disagio che si posizionano lungo un continuum che va da espressioni dichiarate di disagio, attraverso l’assunzione di comportamenti provocatori, difficoltà scolastiche o sintomi psicosomatici, a espressioni molto più sottili e difficili da osservare, ma non per questo meno preoccupanti. Sono questi i casi dei fratelli che tendono al perfezionismo, all’iper-adattamento ed alla compiacenza, rischiando quindi la condizione di fratelli invisibili.
Le situazioni più comuni che la letteratura ha identificato riguardano:

  • la perdita di attenzioni: quando i genitori affrontano un lutto senza fine, difficilmente risultano emotivamente in grado di sostenere il loro ruolo di attaccamento per tutti i figli ed è quindi possibile che si operi una sorta di selezione che sbilanci le attenzioni nei confronti del figlio disabile. Questo accade anche perché il sibling non riesce a contenere le manifestazioni ansiose dei genitori nei confronti del fratello. Tali manifestazioni possono quindi rinforzare i comportamenti dei sibling che non richiedono particolare risposte di attenzione. Il messaggio che questa azioni sembrano veicolare è quello del tu non esisti o del devi essere forte. È possibile immaginare come, essendo continuamente esposto a messaggi di questo tipo, il sibling possa crescere con la convinzione che i suoi bisogni saranno sempre subordinato a quelli del fratello disabile, facendo diventare questo l’unica fonte di soddisfazione gratificazione;
  • l’adultizzazione: quando il bisogno di protezione viene trascurato da genitori impegnati in processi di elaborazione di eventi traumatici come una diagnosi DMD/BMD, i bambini possono iniziare a pensare di “dover essere in grado di fare da soli”, di “non dover essere più bambini”. Questo può determinare uno sviluppo emotivo forzato e la creazione di domande e aspettative da parte degli altri che sono sempre superiori alle reali risorse del sibling;
  • la difficoltà di espressione emotiva: per molti sibling risulta difficile esprimere le proprie emozioni, soprattutto quelle negative provate anche nei confronti del fratello disabile. Gli strumenti che spesso i bambini trovano per esprimere tali sentimenti negativi come la rabbia sono solitamente la disobbedienza e l’oppositività. Spesso la rabbia che si sente di non poter esprimere verso il fratello disabile viene proiettata su altri fratelli, se presenti. La risposta inibitorie da parte della famiglia e del contesto a questi comportamenti oppositivi può generare nel sibling la percezione di sé come “cattivo” con conseguenti manifestazioni depressive. Allo stesso tempo, è possibile che i sibling cerchino di proteggere i genitori dalla proprie emozioni negative per non mettere a rischio la propria immagine di figli perfetti, questo è stato riscontrato come un importante fattore di rischio.

La letteratura correla questa fattori di rischio alla frequente mancanza di comunicazione in merito alla patologia del fratello disabile. L’intento protettivo dei genitori nei confronti dei figli non affetti dalla patologia può risultare in questo caso un boomerang in quanto può incidere in maniera significativa sia sul legame di fiducia genitori/figlio ma anche sul senso di competenza di sé e sulla fiducia in sé. Il sibling pur non avendo informazioni sentirà il bisogno di dare significato alle difficoltà del fratello e della sua famiglia, questo lo porterà a cercare le informazioni in maniera autonoma e facendo riferimento al proprio bagaglio personale che potrebbe non risultare sufficiente.
 
Se da un lato è quindi necessario chiarire che la presenza di uno o più dei fattori sopracitati non equivale necessariamente ad una manifestazione patologica e può configurarsi come un fisiologico passaggio evolutivo, è di fondamentale importanza riuscire ad osservare questi elementi per poter intervenire in maniera efficace.
Quali strategie è allora possibile mettere in atto?
Gli studi dimostrano come l’approccio centrato sulla famiglia assuma valore preventivo del disagio psicologico non solo del disabile ma anche degli altri familiari e sono stati identificati fattori predittivi di un buona capacità di resilienza, ossia la capacità di rispondere in modo adeguato a fattori di stress, e quindi di benessere psicologico. Si fa riferimento alla possibilità di instaurare una relazione significativa con una persona adulta, non necessariamente un familiare, alla disponibilità di una rete di supporto sociale e affettiva adeguata, alla possibilità di sviluppare una percezione del proprio valore personale.
Il problema che si pone che diventa quindi l’obiettivo da raggiungere è quello del complesso rapporto del sibling con la normalità, con la possibilità di poterla affermare in pieno e senza remore.