Focus sulla terapia genica di Pfizer durante la conferenza di PPMD
Durante l’ultima conferenza di Parent Project Muscular Dystrophy (PPMD) c’è stato un momento dedicato ad un approfondimento sulla terapia genica di Pfizer in seguito alla comunicazione degli ultimi dati negativi provenienti dal loro studio. Condividiamo i contenuti dell’intervista di Pat Furlong, fondatrice e presidente di PPMD, a Dan Levy, vice-presidente e capo dello sviluppo dell’unità dedicata alle patologie rare in ambito neurologico di Pfizer.
In riferimento ai dati negativi dello studio CIFFREO, Pat ha aperto l’intervista con una riflessione che condividiamo pienamente, ovvero che i trial non sono mai un fallimento, ma aiutano sempre nell’avanzamento della ricerca e nello sviluppo di nuovi studi clinici.
Levy ha precisato che i partecipanti a questo studio continueranno a essere seguiti nei prossimi 4-5 anni, sia per monitorare gli aspetti di sicurezza che per continuare a raccogliere alcuni dati di efficacia. Levy ha poi ripercorso le tappe dei diversi studi di terapia genica con la loro strategia, Fordadistrogene Movaparvovec, a partire dal primo studio di fase 1b condotto su 3 pazienti deambulanti trattati a basso dosaggio.
I risultati di questo studio si sono dimostrati incoraggianti, evidenziando l’espressione di distrofina e alcuni segnali di efficacia e hanno portato alla prosecuzione dello studio con il trattamento ad alto dosaggio in 16 pazienti deambulanti e 3 pazienti non deambulanti di età compresa tra i 6 e i 12 anni. I dati ottenuti dal trattamento ad alto dosaggio hanno mostrato espressione di distrofina in media nel 50% di fibre muscolari e segnali di efficacia tramite le misurazioni della scala North Star rispetto ai dati di storia naturale.
Gli stessi pazienti seguiti nel corso dei 3 anni successivi hanno continuato a mostrare questi segnali di beneficio.
In base a questi dati si è, quindi, deciso di proseguire con lo studio di fase 3 CIFFREO, studio globale, controllato con placebo, in pazienti di età compresa tra i 4 e i 7 anni, che non ha, tuttavia, confermato i risultati osservati con il precedente studio.
L’obiettivo primario del trial era osservare una differenza nel cambiamento della valutazione della North Star nel gruppo trattato rispetto al placebo dopo 12 mesi, ma l’analisi non ha dimostrato nessuna differenza né nell’obiettivo primario né nelle altre valutazioni quali la camminata/corsa di 10 metri e il tempo per alzarsi da terra.
Sollecitato dalle domande di Pat, Dan Levy ha affermato che queste misurazioni erano le migliori che potessero essere prese in considerazione al momento del disegno dello studio e non si può escludere che, impiegando altre misurazioni, sarebbe stato possibile arrivare a conclusioni diverse.
Analogamente, anche la tempistica dei 12 mesi, selezionata per condurre l’analisi valutativa tra il gruppo trattato e il gruppo placebo, potrebbe non essere stata sufficiente, come si è visto anche per altre terapie, e sarebbe stato più opportuno attendere almeno 18 mesi. Purtroppo ciò non sarà possibile perché lo studio prevedeva che i pazienti nel gruppo placebo passassero alla somministrazione della terapia genica e viceversa dopo 12 mesi.
Lo studio non prevede ulteriori somministrazioni, neanche per chi ha ricevuto solo la prima infusione e doveva attendere che terminassero i 12 mesi previsti per ricevere la seconda. La scelta è dettata dal fatto che, a fronte di assenza di beneficio, è nell’interesse dei pazienti evitare qualsiasi potenziale evento avverso.
Nei prossimi mesi verranno fatte le valutazioni sulle biopsie e su altre misure di valutazione secondarie impiegate nel trial. I risultati verranno condivisi nei prossimi meeting e possibilmente pubblicati, inoltre l’azienda condividerà i dati con la comunità scientifica affinchè possano essere utili nella costruzione di altri studi. A seguire l’azienda intende restituire alcuni dati relativi ai singoli pazienti, come ad esempio i livelli di espressione di distrofina.
Le analisi dei dati proseguiranno anche per vedere se ci sono sottogruppi di pazienti che rispondono in modo diverso.
Nella parte finale dell’intervista Pat ha chiesto quali potessero essere secondo Levy i motivi per cui la strategia non ha funzionato, a fronte di una osservazione di distrofina evidenziata. Levy ha spiegato che i motivi potrebbero risiedere nella minidistrofina utilizzata nel loro approccio, più che nella componente virale. Nonostante i risultati raccolti nei modelli animali fossero buoni e paragonabili a quelli ottenuti con strategie di terapia genica che utilizzano microdistrofine diverse, è possibile che le specifiche parti che costituiscono il loro minigene funzionino un po’ meno bene e quindi potrebbero risultare meno efficaci nell’impiego nei pazienti.
In ultimo, Levy si è espresso sul recente caso di fatalità dovuto a un arresto cardiaco nel bambino di 4 anni, partecipante al trial di fase 2 condotto negli Stati Uniti e in Australia sui più piccolini. Stanno ancora analizzando le cause che hanno portato all’arresto cardiaco e al decesso, ma sembra non esserci stata una conseguenza diretta del trattamento, quanto un insieme di caratteristiche uniche e specifiche del bambino che hanno contribuito a questo triste esito.
A cura dell’ufficio scientifico di Parent Project aps
Potete leggere la notizia che annunciava i dati negativi dello studio CIFFREO al seguente link.