Il progetto è iniziato a marzo del 2019 ed è stato realizzato grazie alla collaborazione tra Elisabetta Ferraro, Francesca De Santa e Alessio Torcinaro. Finanziato da Parent Project aps, il progetto è uno dei quattro che ha ricevuto, attraverso il bando per la ricerca 2018, la tipologia di finanziamento alla ricerca detta Fast Track, per l’importo di 20.000€. Dati sempre più numerosi dimostrano che il metabolismo dei macrofagi infiammatori è diverso da quello dei macrofagi pro-rigenerativi e anti-infiammatori. L’obiettivo di questo studio è stato quello di stimolare il metabolismo di tipo mitocondriale tipico dei macrofagi anti-infiammatori al fine di contrastare l’infiammazione del muscolo distrofico e, al contempo, di promuoverne la rigenerazione.

Una corretta rigenerazione muscolare richiede la partecipazione di cellule del sistema immunitario definite macrofagi. Subito dopo un danno muscolare, il muscolo viene colonizzato da numerosi macrofagi pro-infiammatori (tipo M1) che poi vengono sostituiti da macrofagi con effetto anti-infiammatorio e rigenerativo (tipo M2). Viceversa, nella DMD, il danno muscolare è continuo, per cui si ha una presenza costante di macrofagi infiammatori, che risulta deleteria e contribuisce alla riduzione della capacità rigenerativa del muscolo scheletrico.

Le popolazioni macrofagiche di tipo M1 e di tipo M2 utilizzano vie metaboliche diverse per ricavare l’energia necessaria alla loro sopravvivenza. L’idea progettuale è stata quindi quella di stimolare i processi metabolici usati dai macrofagi M2 (metabolismo principalmente mitocondriale) per indurre la maturazione macrofagica verso il tipo M2 e contrastare la maturazione verso il tipo M1 infiammatorio, al fine di ridurre l’infiammazione cronica del muscolo distrofico.

A tal scopo è stato valutato, in vitro, l’effetto anti-infiammatorio di cinque molecole note per agire su vari processi metabolici (riboflavina-5’-fosfato/vitamina B2-fosfato, idebenone, ranolazina, trimetazidina e mildronato), che sono state somministrate a macrofagi murini trattati con uno stimolo pro-infiammatorio, il lipopolisaccaride. È stata valutata l’espressione genica di citochine infiammatorie, quali interleuchina-1beta e interleuchina-6, nonché quella della chemochina CCL2 e di molecole associate prevalentemente al fenotipo rigenerativo, come Arginasi-1 e CD206.

Tra le molecole che hanno indotto in vitro una risposta antiinfiammatoria (riboflavina-5’-fosfato, idebenone e ranolazina), la riboflavina-5’-fosfato e l’idebenone sono state testate in vivo utilizzando il modello murino per la distrofia muscolare di Duchenne (il topo mdx) mediante un trattamento a breve e uno a lungo termine. Il trattamento a breve termine è consistito in un mese di somministrazioni giornaliere (a partire da 2 mesi fino ai 3 mesi di età dei topi), mentre quello a lungo termine è consistito nel trattamento breve addizionato di cicli intermittenti (ogni due mesi) di due settimane di somministrazione fino all’età di 9 mesi.

Riboflavina-5’-fosfato (1mg/topo/die; somministrazione intraperitoneale) – In seguito ai trattamenti con riboflavina-5’-fosfato, sia quello breve che quello lungo, il numero di fibre ossidative è aumentato in maniera considerevole (figura 1A) con una riduzione della fibrosi, dell’espressione del collagene e dell’infiltrato infiammatorio. Rispetto al trattamento breve, il trattamento lungo ha mostrato, inoltre, un maggiore e significativo incremento della funzionalità muscolare (figura 1B) e un aumento dei livelli di marcatori anti-infiammatori come Arginasi-1 e CD163. Inoltre, è risultata evidente e statisticamente significativa la riduzione delle fibre necrotiche in seguito al trattamento con riboflavina-5’-fosfato. 

Idebenone (1mg/topo/die; somministrazione intraperitoneale) – Nonostante l’idebenone abbia rivelato un potente effetto anti-infiammatorio in vitro su macrofagi umani, il trattamento a breve termine sul modello murino mdx con idebenone non ha mostrato differenze significative dei parametri valutati rispetto agli animali non trattati. Tuttavia, il trattamento a lungo termine con questa molecola ha indotto un incremento del numero di fibre ossidative, anche se in misura minore rispetto alla riboflavina-5’-fosfato, una riduzione della fibrosi e dell’espressione del collagene e, solo nel 50% degli animali, una riduzione delle fibre necrotiche che si traduce in una assenza di riduzione statisticamente significativa delle fibre necrotiche. Infine, anche il trattamento lungo con idebenone, così come quello con riboflavina-5’-fosfato, ha indotto un significativo incremento della funzionalità muscolare.

Rispetto ad altre terapie anti-infiammatorie, l’uso di queste molecole in clinica potrebbe essere vantaggioso per il fatto che esse potrebbero svolgere contemporaneamente due ruoli: i) ridurre l’infiammazione e ii) promuovere la capacità rigenerativa del muscolo. Inoltre, i dati suggeriscono che queste molecole, poiché agiscono sul metabolismo, abbiano un effetto benefico diretto, oltre che sui macrofagi, anche sulle fibre muscolari il cui metabolismo, nei pazienti distrofici, è fortemente alterato.