Iniziato nel 2016, il progetto triennale di dottorato di ricerca di Luca Tucciarone coordinato da Pier Lorenzo Puri e Silvia Consalvi presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma aveva come obiettivo principale quello di capire se esistono trattamenti in grado di ripristinare il corretto linguaggio con cui i FAPs coordinano le attività delle cellule in modo da favorire la rigenerazione muscolare nella DMD

Introduzione

Questo progetto di ricerca, finanziato da Parent Project aps e coordinato dal Dr. Pier Lorenzo Puri, ha consentito al team di ricercatori Silvia Consalvi e Luca Tucciarone di estendere i propri studi nell’ambito del trattamento farmacologico con gli inibitori delle HDAC (HDACi) per la Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD). In particolare, l’associazione di  pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker -Parent Project aps- ha finanziato il progetto di dottorato di ricerca della durata di tre anni del Dr. Luca Tucciarone, presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma. Dopo anni di ricerca nel campo della DMD, il gruppo diretto da Puri ha identificato il potenziale terapeutico degli HDACi nel contrastare la progressione della patologia e ha svolto gli studi preclinici (Minetti et al. 2006; Consalvi et al., 2013) che hanno permesso di portare il primo HDACi -Givinostat– in sperimentazione clinica su pazienti affetti da DMD (Bettica et al. 2015).

Studi precedenti svolti dal gruppo di Puri avevano evidenziato come gli effetti benefici degli HDACi siano ottenuti attraverso la loro azione su una popolazione cellulare che svolge un ruolo chiave durante la rigenerazione muscolare, i progenitori fibroadipogenici (FAPs). I FAPs sono delle cellule che si trovano negli interstizi del tessuto muscolare e svolgono una doppia funzione di supporto nei confronti delle cellule staminali del muscolo (le cellule satelliti) durante il processo di riparazione del tessuto muscolare. Ovvero, in seguito a una lesione muscolare, i FAPs rilasciano fattori di crescita in supporto all’espansione e al differenziamento delle cellule staminali muscolari in miofibre e al contempo cambiano la composizone della matrice extracellulare interstiziale per facilitare la proliferazione e la migrazione delle stesse cellule staminali muscolari. Tuttavia, queste funzioni sono normalmente circoscritte in un ambito temporale compatibile con il completamento della rigenerazione muscolare. In condizioni di attivazione cronica e ripetuta della rigenerazione muscolare, come nella DMD, iFAPs si ritrovano a “lavorare” ininterrottamente per promuovere l’azione delle cellule staminali, perdendo progressivamente la loro capacità di supporto per le cellule staminali muscolari e acquisendo un fenotipo pro-fibrotico eadipogenico “costitutivo”. Ciò porta alla produzione di tessuto adiposo e fibrotico – gli eventi patologici che determinano la sostituzione di materiale contrattile con quello fibrotico e adiposo nei muscoli dei pazienti affetti da DMD negli stadi tardivi della patologia, in cui si assiste alla perdita della loro capacita’ contrattile.

Da studi pre-clinici su modelli murini della DMDcondotti dal gruppo di ricerca del Dr. Puri è emerso che il trattamento con HDACi induce i FAPs sa mantenere un’ azione pro-rigenerativa e previene la loro conversione in effettori cellulari della degenerazione fibro-adiposa dei muscoli. Gli stessi studi hanno tuttavia evidenziato che questi effetti terapeutici degli HDACi sono circoscritti nelle fasi precoci della patologia. La perdita degli effetti terapeutici degli HDACi, osservata negli stadi più avanzati della DMD, è almeno in parte dovuta a una resistenza dei FAPs agli HDACi (Mozzetta et al.,  2013; Saccone et al., 2014). 

Il passo successivo è stato quello di chiederci quali sono i meccanismi alla base della perdita di responsività agli HDACi da parte di FAPs dei muscoli a stadi tardivi della patologia e quali sono le alterazioni che durante la progressione della patologia conferiscono la resistenza al trattamento con HDACi.

È proprio su queste domande che si è basato il presente progetto di ricerca. Vale la pena sottolineare che la risposta a queste domande –che è l’obiettivo principale di questo studio – va ben oltre la curiosità scientifica che da sempre affama i ricercatori, poiché mira ad ampliare le attuali conoscenze sul meccanismo d’azione degli HDACi per avere una maggiore consapevolezza del loro utilizzo terapeutico in pazienti distrofici a diversi stadi di progressione della patologia.

Razionale dello studio

Al fine di comprendere i processi alla base della responsività agli HDACi, siamo andati a esplorare nel dettaglio i meccanismi con cui questi farmaci svologono i loro effetti biologici. Gli HDACi sono farmaci che inibiscono l’attivita’ di una classe di enzimi – istone deacetilasi (HDAC) – che regolano l’espressione genica attraverso dei meccanismi cosidetti “epigenetici”, ovvero attinenti a effetti che vanno al di là della genetica, in quanto in grado di influenzare l’attività del genoma senza modificarne la sequenza genica. Tra questi meccanismi esiste un codice di segnali che consiste in modificazioni degli istoni, la componente strutturale che regola l’accessibilitàal DNA delle proteine regolatrici della trascrizione. Una di queste modificazioni consiste nella deposizione di gruppi acetilici su degli aminoacidi (lisine) degli istoni, al fine di rilassare la struttura intorno al DNA e favorire la trascrizione dei geni in prossimità degli istoni. Questo processo, chiamato “acetilazione istonica” viene regolato negativamente dalle HDAC. Pertanto l’uso di HDACi promuove acetilazione istonica e l’espressione di geni altrimenti inibiti da HDAC. Questi farmaci trovano pertanto un’applicazione diretta in condizioni patologiche in cui sia stata identificata un’attivazione incontrollata delle HDAC, come nel caso della DMD (Colussi et al. 2008).

Nel nostro studio ci siamo avvalsi di una tecnologia (chiamata Chromatin Immuno precipitation associated with massive DNA sequencing – ChIPseq) in grado di esplorare l’attivita’ enzimatica delle HDAC e il profilo dell’acetilazione dell’intero genoma dei FAPs isolati da muscoli del modello murino di DMD (i topi mdx) a stadi iniziali e tardivi della patologia, e di valutarne la risposta agli HDACi. In parallelo, abbiamo monitorato l’espressione genica globale da parte delle stesse cellule, attraverso la tecnologia di RNAsequencing (RNAseq), al fine di identificare i geni regolati durante la progressione della patologia e in risposta al trattamento con HDACi

Risultati

I profili di acetilazione istonica identificati dalle analisis di ChIPseq hanno rivelato che i FAPs dei muscoli dei topi mdx a stadi tardivi della patologia acquisiscono un livello costitutivo di attività delle HDAC molto più alto di quello osservato nelle stesse cellule isolate da muscoli di topi mdx a stadi iniziali di patologia stessa. Pertanto il profilo di acetilazione ed espressione del genoma differiscono profondamente nelle FAPsdei muscoli di topi distrofici a stadi successivi di progressione della patologia. In particolare, le nostre analisi bio-informatiche relative all’integrazione dei dataset generati da ChIPseq e RNAseq hanno stabilito che i diversi profli di acetilazione istonica dei FAPs in muscoli di topi distrofici a diversi stadi di progresione della patologia sottendono differenze di espressione genica che conferiscono l’attivita’ pro-rigenerativa ai FAPs dei topi distrofici a stadi iniziali e la conversione da parte di FAPs dei topi distrofici a stadi tardivi in cellule “fibro-adipogeniche”. Sorprendentemente, queste analisi hanno mostrato che gli HDACi sono in grado di alterare il profilo di acetilazione di istoni da FAPs di muscoli distrofici sia a stadi iniziali che avanzati della patologia. Tuttavia, solo in FAPs di muscoli distrofici in stadi iniziali l’effetto di HDACi permetteva un profilo di acetilazione tale da promuovere l’espressione di geni pro-rigenerativi. In FAPs di muscoli distrofici a stadi avanzati l’inibizione di HDAC valeva a ripristinare un profilo di acetilazione istonica simile a quello degli stadi iniziali, ma non era equivalente all’effetto di HDACi sugli stessi FAPs di muscoli a stadi iniziali di progressione della malattia. 

Questi risultati indicano che l’inibizione farmacologica di HDAC non è di per sé inefficace a stadi tardivi della DMD, in quanto è in grado di riportare i livelli di acetilazione e l’espressione genica dei FAPs a quelli degli stadi precoci. Un effetto interessante in termini di un potenziale recupero di alcune proprietà biologiche caratteristiche degli stadi iniziali della DMDè la loro capacità rigenerativa “compensatoria”. L’assenza di effetti terapeutici in FAP dei muscoli distrofici a stadi tardivi da parte di HDACi usati agli stessi dosaggi con cui svolgono un’attività terapeutica in FAPs di muscoli distrofici a stadi inizialie con cui inibiscono con uguale efficacia l’attività enzimatica di HDAC sia in stadi iniziali che tardivi, suggerisce l’esistenza di una potenziale soglia terapeutica di acetilazione. Nella DMD questa soglia tende a crescere con la progressione della patologia e non èpiù raggiungibile con gli stessi dosaggi di un farmaco (HDACi) che mostrano attivita’ terapeutica in stadi iniziali, in cui la soglia terapeutica di acetilazione èpiù bassa.   

L’identificazione di una potenziale soglia di acetilazione terapeutica ha ispirato una ricerca successiva a questi studi e volta allo sviluppo di combinazioni di farmaci epigenetici con funzioni sinergistiche – per esempio, la ricerca di un farmaco in grado di sinergizzare con HDACi o HDACi tollerabili ad alti dosaggi, in grado di raggiungere una soglia di acetilazione terapeutica in FAPs di muscoli distrofici a stadi tardivi di progressione dellapatologia.   

L’analisi del profilo genomico dei FAPs durante la progressione della DMD ha anche mostrato un aspetto biologico di particolare interesse alla luce di un recente nostro studio che ha rivelato come l’azione dei FAPs sulle cellule staminali muscolari venga mediata da minuscole vescicole extracellulari che veicolano delle “istruzioni” sotto forma di acidi ribonucleici e proteine. Nel caso di un muscolo distrofico queste “istruzioni” sono errate e, pertanto, non si ha un’efficiente rigenerazione. Il trattamento con HDACi è in grado di correggere le “istruzioni” rilasciate nelle vescicole, e indurre così le cellule satelliti a esercitare la loro attività pro-rigenerativa e anti-fibrotica (Sandonà et al., 2020). Il nostro studio dimostra adesso chein muscoli distrofici astadi avanzati i FAPs acquisiscono una maggiore capacità di produrre vescicole extracellulari, il cui contributo contribuisce a generare un ambiente senescente e fibrotico. Il trattamento con HDACi riduce la produzione di queste vescicole da FAPs di muscoli distrofici in stadi avanzati. Pertanto, a differenza di quanto succede neiFAPsa stadi precoci, dove gli HDACi modulano il contenuto delle vescicole convertendole in pro-rigenerative e anti-fibrotiche, nel caso deiFAP sa stadi tardivi gli HDACi bloccano solo la produzione di vescicole, perdendone i benefici della loro conversione farmacologica. 

Conclusioni:

Questo lavoro chiarisce alcuni aspetti molecolari fondamentali della patogenesi della DMD e svela che quella che era inizialmente considerata una resistenza al trattamentopotrebbe essere bypassata da HDACi tollerati a dosaggi più alti ed eventualmente a co-trattamenti complementari in grado di ripristinare il potenziale rigenerativo degli HDACi. Testare queste ipotesi è sicuramente il nostro prossimo obiettivo. Con il supporto di Parent Project aps, stiamo infatti attualmente valutando strategie terapeutiche in combinazione con gli HDACi per estendere gli effetti benefici del trattamento agli stadi più avanzati della DMD. 

Il nostro studio rimarca inoltre il potenziale terapeutico delle vescicole extracellulari come nuovo strumento farmacologico in grado di essere manipolato per veicolare, anche localmente,istruzioni per mantenere l’integrità funzionale dei muscoli distrofici, specialmente in stadi avanzati della DMD.

Infine, pur non determinando un chiaro effetto terapeutico pro-rigenerativo, il trattamento con HDACi a stadi tardivi sottende un nuovo e inatteso effetto anti-senescenza dall’enorme potenziale, in quanto potrebbe ripristinare un ambiente muscolare più permissivo alla rigenerazione e quindi più responsivo a terapie geniche o cellulari. Questo è sicuramente il messaggio più importante per la comunità di pazienti distrofici a stadi avanzati di DMD che restano attualmente esclusi dalla maggior parte dei trial, perché significherebbe tornare a essere candidabili per gli studi clinici e offrire quindi anche a loro la prospettiva di un trattamento. Questa è definitivamente la nostra missione.

Referenze

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