Ci ha lasciato nei giorni scorsi, all’età di 57 anni, Paolo Paoletti, da tempo vicino a Parent Project. Vogliamo ricordarlo in questo momento triste condividendo il discorso pronunciato dalla sua amica Paola Bet in occasione della nostra Conferenza Internazionale nel 2012, dal quale emerge un bellissimo ritratto di Paolo: un grande amico, un viaggiatore appassionato, uno scrittore, una persona innamorata della vita. Grazie per aver condiviso un pezzo di strada con noi!
Buongiorno a tutti, sono qui per parlarvi di quello che per me è un caro amico, Paolo Paoletti, ma che per la scienza rappresenta un caso rarissimo: uno dei due più longevi malati di Duchenne al mondo con i suoi quasi 50 anni. La sua diagnosi molecolare fu effettuata tra mille peripezie soltanto 5 anni fa. Paolo vive a Le grazie, paesino vicino a La Spezia, da solo, anche se ha bisogno di costante aiuto e la presenza per ogni secondo della sua vita di almeno una persona accanto.
Io conobbi Paolo circa 30 anni fa a un campeggio estivo e poi é diventato mio testimone di nozze nonché uno dei miei migliori amici. Quando Filippo mi ha invitato a parlare e a testimoniare l’esperienza di vita di Paolo, al suo posto per ovvi motivi legati al clima rigido, mi sono molto emozionata e ho accettato volentieri perché Paolo é una persona speciale…
Abbiamo visto in questi giorni concreti segnali di speranza che per alcuni bambini potranno rappresentare una svolta importante. Ho avuto la fortuna di ascoltare nel 1987 un emozionante intervento che Hoffman, lo scienziato che ha identificato la distrofina, ha trasmesso alla platea durante un convegno della UILDM. La prima sperimentazione clinica era lontana e le persone che hanno vissuto quell’esperienza avrebbero potuto pensare di non avere motivi di speranza, non trovando una cura immediata.
Riuscite a immaginare quali motivi di speranza potesse avere un Duchenne nato nel 1962? Paolo ha avuto l’esperienza di una madre che é stata una grande donna, che ha lottato e che ha sperato, sempre con il sorriso sulle labbra, una donna che sapeva conquistare gli amici di suo figlio non solo con i suoi strepitosi manicaretti. In questi 50 anni la sua famiglia con i suoi 4 fratelli, 4 nipoti e 5 pronipoti gli è stata e gli è vicina e ha contribuito a farlo crescere in un clima di serenità contagiosa e di impegno concreto per la qualità di vita nel quotidiano.
Infatti Paolo ha saputo prendere in mano la sua vita, dal rifiuto di una tracheotomia a 20 anni e poi a 45, alla perfetta conoscenza delle macchine tramite le quali respira, alla gestione del suo corpo e delle sue amicizie, nonché dei turni giornalieri e notturni 365 giorni e notti da almeno 25 anni. Il tutto eseguito con una immensa voglia di lottare, di vivere e di divertirsi, sapendosi prendere sul serio ma al tempo stesso con leggerezza.
Non vi racconto le cose che fa Paolo perché sono quelle che facciamo tutti, la spesa, organizzare i pasti per gli amici e occuparsi delle cose domestiche, è lui a non essere come tutti.
L’esempio dei genitori è fondamentale per la voglia di non rinunciare, di lottare, di andare avanti e quando ho chiesto a Paolo quale messaggio voleva che io vi trasmettessi mi ha detto così: “i vostri figli possono crescere e arrivare a fare una vita come tutti, avere una fidanzata, un lavoro, diplomarsi, sposarsi. Tutto questo si può realizzare solo con un atteggiamento positivo, senza rinunciare alle varie possibilità che si presentano. Sta a ciascuno costruire le amicizie e i rapporti umani e a farsi volere bene. A questi ragazzi bisogna insegnare a lottare e a non cedere, la vita non è semplice per nessuno. Questa malattia va combattuta e bisogna fare in modo di sconfiggerla in modo tale che in futuro non se ne senta più parlare.” La vita di Paolo è speciale proprio perché riesce a vivere e conquistare la propria normalità. Certo ci vuole anche un po’ di fortuna ad avere una madre speciale o una fisioterapista che gli ha fatto conoscere la possibilità di utilizzare il suo insostituibile amico, il poncho, un respiratore a pressione negativa che lo accompagna da circa 24 anni. Paolo è quello che è anche per la sua diversità che non può essere scissa dalla sua persona. Gli ho chiesto allora che uomo sarebbe diventato se non avesse avuto la distrofia e lui mi ha detto che non c’è risposta, non può saperlo ma quello che può dire è che se non avesse avuto questa malattia non sarebbe nel bene e nel male l’uomo che è oggi. Mi ha ripetuto di insegnare ai figli a vivere, ad amare e a mettersi in gioco, come qualsiasi altro bambino o ragazzo, consiglio sul quale io come madre mi sento totalmente in accordo. Quello che conta, mi ha detto Paolo, è di giocarsi le carte migliori che si hanno. Ad esempio in una partita a scala 40 puoi essere già servito in mano con delle splendide carte però ti può arrivare la mano sfortunata e perdere la partita ma non per questo rinunciare a giocare. Per Paolo è stato così, gli sono arrivate delle carte decenti e ogni tanto qualche jolly l’ha anche pescato e ha cercato di giocare al meglio delle sue possibilità. Quindi “ne vale sempre la pena”, e ha concluso dicendo che si reputa fortunato per quello che ha avuto, specificando che la propria felicità non deriva soltanto dal ricevere ma anche dal dare.
Una grande fortuna per Paolo è stata anche quella di fare molti viaggi, soprattutto in questi ultimi anni. Il viaggio rappresenta la possibilità di valicare i confini quotidiani, di esplorare, di conoscere luoghi e persone, di aprirsi a spazi nuovi, fisici e mentali. Paolo ama viaggiare con i suoi amici, e noi amiamo viaggiare con lui. Ha percorso più di diecimila chilometri in Italia e in Europa, con camper attrezzati e pulmini: Parigi, Barcellona, Praga, Berlino, Roma e Venezia sono solo alcune delle tappe ad oggi visitate. Ma lo scopo del viaggio è stare bene, interrompere la quotidianità, allontanare per pochi giorni le preoccupazioni che vengono lasciate rigorosamente a casa.
E alla fine di ogni viaggio c’è un filmino e foto montati per l’occorrenza con musiche e riferimenti alla favola, che è il “leitmotiv” di ogni nostro viaggio, spaziando dal Re Leone ai Fantastici 4 fino al Bello addormentato nel poncho.
L’avventura consolida l’amicizia, abbatte ogni barriera fisica e psicologica, ci rende uniti e uguali di fronte alla vita, in una dimensione imperscrutabile.
E per testimoniare questa esperienza unica, Paolo ha pensato di scrivere un libro, un libro di viaggio intitolato Costucost che racconta l’amicizia di un gruppo di ragazzi diventati adulti insieme, che hanno saputo preservare nella realtà e nel tempo la spensieratezza dei vent’anni, la voglia di stare in compagnia, la gioia di vivere. Costucost non è finzione: è un viaggio fortemente voluto, progettato e intrapreso da cinque amici, i 5 viaggiautori, per attraversare gli states da una costa all’altra.
Paolo ha ideato questo viaggio e questo libro che vogliono testimoniare l’esistenza di questo nostro meraviglioso universo parallelo, dove le giornate sono scandite dalle risate, dove la serenità regna incontrastata, dove le preoccupazioni e le noie quotidiane non trovano albergo e rimangono come sospese.
E’ la storia di un viaggio, un romanzo scritto a piu’ mani, un gioco, un divertimento per noi che lo stiamo scrivendo e, speriamo, per quanti lo leggeranno.
In conclusione credo che il messaggio che Paolo rappresenti si possa riassumere in cinque punti e cioè che si può:
Convivere con una mutazione rara
Avere una vita indipendente
Sognare di andare a fare un viaggio per i 50 anni dall’altra parte del mondo e cominciare a organizzare un anno prima la festa con tutti gli amici
Avere una vera passione per la vita nonostante tutte le difficoltà
Essere un vero amico che ti è vicino anche se abita a 111 chilometri di distanza da casa tua