Pubblichiamo una lettera della Prof.ssa Annamaria De Luca, che ringraziamo, alla quale abbiamo chiesto un chiarimento in merito alla pubblicazione della notizia relativa a nuovo approccio per la Distrofia muscolare di Duchenne con Neu-REFIX® Beta 1,3-1,6 glucan.

E’ di questi giorni la notizia dilagante dei potenziali effetti benefici di beta-glucani prodotti dal ceppo N-163 di Aureobasidium pullulans in pazienti con Distrofia muscolare di Duchenne, alla luce di uno studio pilota pubblicato sulla rivista IBRO Neuroscience Reports e di una serie di studi pre-clinici e clinici “pre-print” su bioRxiv (quindi ancora non sottoposti al processo di revisione necessaria per la pubblicazione) da parte di gruppi di ricercatori indiani e giapponesi. Gli effetti benefici sono attribuiti ad azioni di modulazione dei processi infiammatori, come peraltro atteso da prodotti del metabolismo del microbiota intestinale. Fermo restando che risultati promettenti per il trattamento dei pazienti DMD debbano essere accolti con grande entusiasmo e speranza, è però sempre opportuno essere cauti ed attendere studi rigorosi prima di esporre i nostri ragazzi a terapie non adeguatamente validate. Viene quindi da chiedersi anche i motivi che sono alla base della divulgazione ampia di notizie di questo tipo a fronte dei risultati prematuri.   

Senza entrare troppo nello specifico, vediamo brevemente quali possono essere i problemi legati a questa notizia: innanzitutto si tratta di integratori alimentari, che come correttamente esplicitato sul sito della azienda che li produce (https://www.nichiglucan.com/neurefix/index.html) “are not a drug or a remedy for any illness” cioè non rappresentano una terapia in grado di curare alcuna malattia. Detto ciò, lo studio pubblicato riferisce di azioni antinfiammatorie valutate su un numero molto limitato di pazienti DMD, di un range di età ampio (dai 6 ai 18 anni, peraltro non chiaramente caratterizzabili per le specifiche individuali), con una patologia a diverso stadio di avanzamento (pazienti deambulanti e non deambulanti), in trattamento o meno con steroidi (a differente dosaggio) e soprattutto in un periodo di tempo molto limitato: 45 giorni. In questo quadro generale risulta difficile valutare in maniera oggettiva, con adeguata statistica e senza parzialità, la reale efficacia di qualsiasi intervento e tantomeno prevederne gli effetti a lungo termine. D’altra parte gli effetti risultano modesti su molti dei parametri studiati anche in relazione all’uso o meno di steroidi. I limiti dello studio sono anche evidenziati dagli stessi autori nelle conclusioni dell’articolo, auspicando “the need for larger randomized clinical trials of longer duration to validate this supplement as a treatment”. Nello stesso tempo, i meccanismi molecolari e cellulari di questi integratori sono ancora poco chiari, sottolineando la necessità di rafforzare anche gli studi di base e pre-clinici.

E’ indubbio che gli integratori abbiano un fascino particolare agli occhi dei pazienti  e dei care-givers: facili da reperire e da utilizzare (sono prodotti di automedicazione che non richiedono la prescrizione del medico), vengono considerati sicuri in quanto “naturali” e parte di terapie olistiche del benessere. Tuttavia, come evidenziato in una monografia pubblicata nel 2020 sulla prestigiosa rivista scientifica Pharmacological Research e scritta in collaborazione con Elizabeth Vroom, Presidente di Duchenne Parent Project, the Netherland e della World Duchenne Organisation (UPPMD), (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1043661820312251), l’uso di integratori alimentari nella DMD necessita anche di estrema cautela: i potenziali benefici devono essere rigorosamente validati secondo metodo scientifico, ma è anche necessario escludere potenziali tossicità che possono derivare da interazioni indesiderate con altre strategie terapeutiche (ad esempio gli steroidi) o con altri integratori.  

E’ d’altra parte consolante che gli stessi autori stiano conducendo studi pre-clinici e clinici a più lungo termine che potrebbero aiutare a chiarire il reale ruolo di questi beta-glucani come adiuvanti di altre terapie più risolutive. Sarebbe auspicabile se il disegno dei futuri studi venisse sottoposto a processi di consiglio e consulenza indipendenti come quelli garantiti dal TREAT-NMD Advisory Committee for Therapeutics (TACT)

E’ quindi indispensabile, prima che i pazienti DMD possano utilizzare questi integratori, che venga assicurato il rapporto rischio-beneficio e il rapporto costo-efficacia, perché ricordiamo che il costo degli integratori, spesso molto elevato considerando l’uso cronico e giornaliero, pesa completamente sulle famiglie, già molto gravate.

Nel concludere domandandoci nuovamente perché alcune notizie di studi così preliminari e peraltro pubblicati su riviste di medio impatto stiano ricevendo un’attenzione mediatica così ampia, non possiamo che ricordare il ruolo fondamentale della ricerca scientifica robusta, della corretta informazione e dell’etica nei confronti dei pazienti che dovrebbe sempre guidare le azioni di ricercatori ed aziende.