Iniziato a settembre del 2017, il progetto triennale guidato da Roberto Rizzi dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma aveva come obiettivo principale quello di studiare, nei topi modello per la DMD, l’effetto di givinostat sul cuore. Nei topi distrofici è stato precedentemente dimostrato che l’innervazione del cuore è notevolmente ridotta. Questo fenomeno genera una grave insufficienza cardiaca. Il cuore distrofico presenta inoltre aree fibrotiche e un aumento delle proteine della cosiddetta matrice extracellulare, lo spazio tra le cellule dei tessuti occupato da una rete intricata di macromolecole. L’ipotesi fatta dal gruppo di Roberto Rizzi è che la composizione della matrice extracellulare distrofica impedisce lo sviluppo dell’innervazione cardiaca, portando alla perdita del tono muscolare. Lo scopo principale della ricerca è stato proprio quello di caratterizzare gli effetti di givinostat sul ripristino dell’innervazione cardiaca e di conseguenza sul recupero delle funzionalità del cuore. I risultati dimostrano che la somministrazione giornaliera di givinostat nei topi fino a 60 giorni, aumenta la frazione di accorciamento, che indica la porzione di sangue che il cuore espelle dal ventricolo sinistro a ogni battito cardiaco. Il recupero delle funzionalità cardiache è concomitante alla riduzione della fibrosi e delle proteine che costituiscono la matrice extracellulare. I ricercatori hanno dimostrato inoltre che l’accumulo di una particolare macromolecola (proteoglicano condroitin-4-solfato: CSPG4) nella matrice extracellulare distrofica è in grado di impedire una corretta innervazione cardiaca. I dati finora raccolti hanno identificato i macrofagi (cellule del sistema immunitario) come principali produttori di CSPG4 e dimostrato che givinostat è in grado di ridurre l’accumulo di queste cellule e di CSPG4 e conseguentemente di ripristinare la corretta innervazione cardiaca nei topi distrofici

Il progetto si basa sulla caratterizzazione degli effetti di un farmaco epigenetico, l’inibitore delle istone deacetilasi (HDACi) givinostat (Giv), nel trattamento della cardiomiopatia distrofica nel topo mdx, modello animale per lo studio della distrofia muscolare di Duchenne (DMD)

Nella DMD il cuore subisce cambiamenti morfologici caratterizzati dall’accumulo incontrollato di fibrosi che impedisce alle cellule cardiache, i cardiomiociti, di contrarsi in modo funzionale. L’obiettivo di questa ricerca è quello di studiare in modo approfondito le cause che portano all’indebolimento del cuore nei pazienti DMD. Il cuore è un organo ampiamente innervato da fibre nervose dette simpatiche e parasimpaticheche regolano la frequenza e la forza della contrazione cardiaca. Recentemente è stato dimostrato che nei topi mdx l’innervazione simpatica è notevolmente ridotta e porta a grave insufficienza cardiaca. Quello che ancora non è noto, è la causa di questa mancata innervazione. Il cuore distrofico, inoltre, presenta aree fibrotiche e un aumento di proteine della matrice extracellulare (ECM), un’intricata rete di macromolecole che funge da substrato per l’adesione, la migrazione e il differenziamento delle cellule. Queste ultime, attraverso il rilascio di fattori di crescita e interagendo tra loro, determinano la composizione della ECM. 

La nostra ipotesi è che la composizione della ECM distrofica impedisca lo sviluppo dell’innervazione cardiaca, portando così alla perdita del tono muscolare. In particolare lo scopo della ricerca è quello di caratterizzare per la prima volta gli effetti di givinostat sul ripristino dell’innervazione cardiaca e di conseguenza sul recupero delle funzionalità del cuore. Il farmaco agisce a livello epigenetico, ovvero su quei meccanismi cellulari che portano all’accensione o allo spegnimento di determinati geni. Grazie alle sue proprietà antiinfiammatorie e antifibrotiche si presenta come un candidato ideale per il trattamento della cardiomiopatia distrofica. 

I nostri risultati in vivo hanno dimostrato che la somministrazione giornaliera di givinostat nei topi mdx fino a 60 giorni, aumenta la frazione di accorciamento, che indica la porzione di sangue che il cuore eietta dal ventricolo sinistro a ogni battito cardiaco. Il recupero delle funzionalità cardiache è concomitante alla riduzione della fibrosi e delle proteine che costituiscono l’ECM. L’analisi proteomica eseguita su cuori murini mdx ha evidenziato inoltre, una deregolazione nell’espressione di proteine correlate alla deposizione di componenti della ECM e dell’innervazione. In particolare abbiamo dimostrato che l’accumulo del proteoglicano condroitin-4-solfato (CSPG4) nella ECM distrofica è in grado di inibire la crescita assonale e impedire una corretta innervazione cardiaca. Dati molecolari, analisi citofluorimetriche e analisi istologiche hanno identificato come principali produttori di CSPG4 i macrofagi, cellule appartenenti al sistema immunitario. Givinostat è in grado di ridurre l’accumulo dell’infiltrato infiammatorio e di CSPG4 e conseguentemente di ripristinare la corretta innervazione cardiaca nei topi mdx. I nostri risultati hanno inoltre rilevato che il farmaco, nei macrofagi isolati da topi mdx, è in grado di regolare l’interazione di due noti fattori trascrizionali (NF-kB e Sp1) sul promotore dell’enzima CHST11 responsabile dell’accumulo di CSPG4.

In futuro, sarà fondamentale caratterizzare il ruolo di CSPG4 nella giunzione neurocardiaca in vitro attraverso la generazione di un modello tridimensionale (3D) bio-stampato. Il “costrutto” 3D sarà basato su una disposizione geometrica definita, per la tri-coltura di neuroni del ganglio cervicale superiore, fibroblasti e cardiomiociti isolati da topi WT e mdx. Questo permetterà di riprodurre in vitro un modello tissutale molto fedele a quello naturale e di validare il meccanismo alla base della mancata innervazione cardiaca nel topo mdx.

Attraverso questo progetto abbiamo, per la prima volta, rivolto l’attenzione sul “non” canonico rapporto tra compagine nervosa e miocardio in un contesto distrofico. A oggi, la maggior parte degli approcci terapeutici hanno come obiettivo principale quello di contrastare la perdita della funzionalità muscolare e pochissimi mirano al ripristino del corretto funzionamento del cuore, il quale, invece, ha un ruolo fondamentale nel migliorare l’aspettativa di vita e le condizioni generali dei giovani pazienti.