prednisoneI corticosteroidi sono largamente usati per combattere e rallentare la degenerazione muscolare alla base della DMD. Un nuovo studio canadese dimostra come l’azione dei cortisonici passi attraverso una sovraregolazione dell’utrofina.
Al momento l’unica terapia utilizzata per combattere la distrofia muscolare di Duchenne si basa sui farmaci quali il prednisone, prednisolone, e deflazacort. In realtà non si tratta di una cura, piuttosto di un trattamento palliativo che rallenta in maniera provvisoria la degenerazione muscolare. Nonostante i cortisonici siano da anni riconosciuti come efficaci a livello clinico, il meccanismo molecolare con il quale agiscono sulle cellule muscolari è ancora poco chiaro. Da una parte alcuni studi suggeriscono che questi farmaci agiscono prevalentemente intervenendo sui processi anti-infiammatori e riducendo le reazioni immunitarie coinvolte nella progressione della malattia, d’altra parte esperimenti più recenti indicano che i corticosteroidi sarebbero, in qualche modo, anche in grado di indurre l’espressione dell’utrofina.
L’Utrofina è una proteina con una struttura ed una funzione molto simile alla Distrofina che è presente in molti tessuti del nostro corpo. Normalmente, a livello dei muscoli scheletrici l’utrofina viene prodotta ad alte concentrazione durante lo sviluppo fetale (ovvero prima della nascita) per poi diminuire ed essere sostituita dalla distrofina. Lavori pubblicati una decina di anni fa hanno dimostrato che l’utrofina può in qualche modo rimpiazzare la funzione della distrofina nelle cellule muscolari, alleviando i sintomi della DMD. Infatti, in topi mdx i sintomi della distrofia muscolare sono praticamente eliminati mediante l’induzione dell’espressione di utrofina con esperimenti di ingegneria genetica. A questo punto, diversi gruppi di ricerca hanno cominciato a studiare possibili strategie per aumentare il livello di utrofina espressa nelle cellule muscolari. E, tra le diverse vie, alcuni ricercatori hanno focalizzato sul misterioso ruolo dei corticosteroidi.
Ora, un nuovo lavoro condotto da un team canadese, e pubblicato l’11 giugno sulla rivista scientifica PLoS ONE, conferma il fatto che la produzione di utrofina possa essere indotta dai cortisonici e, d’altra parte, chiarisce alcuni aspetti sul meccanismo d’azione di questi farmaci. In particolare, con esperimenti condotti su colture di cellule muscolari i ricercatori sono riusciti ad evidenziare che il metilprednisolone-sodio succinato (PDN) – nient’altro che un corticosteroide – è in grado di aumentare la produzione di utrofina fino al 40% agendo direttamente a livello della traduzione della proteina. La cosa interessante è che si tratta di un meccanismo specifico, che agisce solo a livello proteico e non sul mRNA, non allargato ad altre proteine. Infatti i cortisonici hanno addirittura un effetto inibitorio sul generaole processo di traduzione.
Questi nuovi dati saranno sicuramente di aiuto a tutta la comunità scientifica per riuscire a capire come effettivamente agiscono i corticosteroidi a livello muscolare. D’altra parte, si aggiunge un nuovo tassello nel filone di ricerca focalizzato sulla sovraregolazione dell’utrofina come possibile terapia per la DMD. Un vantaggio di questa strategia si basa sul fatto che le piccole quantità di utrofina già presenti nei ragazzi Duchenne farebbero in modo che il sistema immunitario possa riconoscere l’utrofina come una sostanza già nota e non ci sarebbero problemi di rigetto.
Ora i ricercatori canadesi puntano ad approfondire le conoscenze sul meccanismo con cui i cortisonici regolano la traduzione dell’utrofina e, partendo da queste basi, a identificare nuove molecole o farmaci che siano in grado di agire su tale meccanismo.
 
Francesca Ceradini