downloadUn nuovo studio, pubblicato il 21 gennaio sulla rivista Nature Medicine on-line, propone l’utilizzo di una sottopopolazione di staminali embrionali come possibile futura terapia contro la distrofia muscolare di Duchenne.
Negli ultimi anni molti studi si sono orientati verso le potenzialita’ di una terapia cellulare per la rigenerazione muscolare. I primi lavori si sono basati sull’utilizzo dei mioblasti (che sono cellule progenitrici muscolari, dunque una via di mezzo tra le cellule staminali adulte e le cellule muscolari completamente differenziate dette miociti), ma i ricercatori si sono scontrati con alcuni ostacoli, come la bassa sopravvivenza di queste cellule e la loro limitata capacita’ di migrare nel tessuto muscolare. Altri lavori hanno invece puntato ai vari tipi di cellule staminali adulte isolate dal muscolo o da altri distretti del corpo. Il piu’ promettente di questi studi e’ ancora quello di Giulio Cossu che ha identificato i mesoangioblasticome cellule capaci di rigenerare il tessuto muscolare danneggiato e ripristinare la sua funzionalità, sia in topi che in cani.
Il nuovo lavoro, condotto da un gruppo di ricercatori del Texas (Stati Uniti) e pubblicato su Nature Medicine, si basa sull’utilizzo di cellule staminali embrionali (CSE), cellule che hanno maggiori potenzialita’ rispetto alle cellule staminali adulte ma che presentano anche alti rischi tumorali e, in molti paesi, problematiche etiche.
Per ovviare il problema della potenziale tumorigenicita’, i ricercatori hanno tentato di identificare nelle CSE una sottopopolazione cellulare che potesse coincidere con le cellule progenitrici muscolari. L’utilizzo di avanzate tecniche per la separazione dei diversi “profili cellulari” ha portato all’isolamento di una popolazione omogenea di cellule che mostra una morfologia simile a quella dei progenitori dei mioblasti. Una serie di analisi ha successivamente dimostrato che, seppur mantenendo alcune delle caratteristiche tipiche delle cellule staminali, queste cellule hanno gia’ intrapreso il cammino differenziativo verso la linea cellulare muscolare.
In una seconda fase dello studio, le potenzialita’ di queste cellule sono state testate in topi  mdx, mediante iniezione nel muscolo tibiale anteriore. Le analisi effettuate sulla biopsia del muscolo mostrano che le cellule sono in grado di integrarsi bene nel tessuto muscolare e che si ha un’espressione della Distrofina, che rimane presente fino a 3 mesi dopo la somministrazione delle cellule. Inoltre, l’utilizzo di cellule staminali “programmate” in senso muscolare non ha causato nessun evento tumorale.
Per rendere la tecnica piu’ efficiente, ovvero per estendere i risultati ai vari muscoli del corpo, i ricercatori hanno iniettato le cellule nei topi mdx per via sistemica (cioè in tutto l’organismo per via intra-venosa o intra-arteriale). I risultati si sono dimostrati, ancora una volta, positivi: si ha un incremento dell’espressione della distrofina del 11-16%, un effetto osservato fino a 22 settimane dopo l’introduzione delle cellule, e nessun evento tumorale. Analisi di approfondimento sono state successivamente effettuate per quel che riguarda la funzionalita’ del muscolo. Dopo iniezione delle cellule per via sistemica, i ricercatori hanno osservato un miglioramento nella capacita’ contrattile del muscolo tibiale anteriore dei topi.
L’interesse di questo lavoro risiede nell’identificazione di una nuova fonte cellulare come possibile futura terapia per la distrofia muscolare, si tratta comunque di uno studio ancora a livello pionieristico. Ci sono molti aspetti che devono essere ancora approfonditi dai ricercatori prima che si possa parlare di sperimentazione clinica sull’uomo e di cellule staminali embrionali come cura per la Duchenne. Per adesso gli scienziati pensano a fare un passo dopo l’altro.